Poche certezze, tanti dubbi. L’unica certezza sono quei corpi distesi sull’asfalto, coperti da un lenzuolo, quelle centinaia di corpi senza vita, simbolo di una strage che non potrà essere dimenticata tanto facilmente, una strage probabilmente evitabile e, almeno per molti, annunciata( si pensi che già c’erano state 1.426 vittime nel 1990, 343 nel 1997, 188 l’anno seguente e ancora 251 nel 2004 e 364 nel 2006 nel corso del pellegrinaggio per l’Haji).
I dubbi rimangono invece tantissimi. Quante sono le vittime di preciso? Di chi è la colpa di queste morti? Qual è la verità?
Da una parte c’è Teheran, che vistosi colpita nel profondo con quasi 500 vittime (la nazione iraniana è stata quella con più morti), accusa l’Arabia Saudita, nemico storico, di incapacità di gestione della situazione, accusandola di una serie di mancanze organizzative che hanno determinato la strage. Un eccidio, sempre secondo fonti iraniane, che avrebbe causato la morte di ben 4.700 persone.
Dall’altra c’è l’Arabia Saudita che prova a difendersi e a scaricare la colpa sui fantomatici “pellegrini indisciplinati“, limitando a “sole” 769 le vittime, salvo contraddirsi da sola a mezzo del proprio Ministero della Salute che prima conferma di aver avuto “oltre 4000 morti” a mezzo tweet, salvo cancellarlo prontamente, per poi, attraverso un sintetico quanto criptico comunicato, smentire questa versione, affermando:
‘Non esiste alcun fondamento alla notizia circolata ed attribuita a sua eccellenza vice ministro della Salute sull’aumento del numero dei morti nell’incidente della calca in al Mina a oltre 4mila“
Peccato che in quel di Theran avessero fatto per tempo uno screen shot della pagina web del Ministero della Salute saudita, trasmettendo lo stesso sulla tv satellitare iraniana in lingua araba al Alam.
In mezzo ci si mettono anche gli altri stati, come l’Indonesia, l’India e il Pakistan ad accusare l’Arabia Saudita di aver mentito sul numero delle vittime (tutti concordi nel sostenere che i morti sarebbero quanto meno circa 1.200) e di scarsa collaborazione sulle sorti di pellegrini scomparsi. E se a farsi portatori delle accuse ci sono anche i mezzi di comunicazione egizi, Paese alleato, si comprende come la Nazione degli Sceicchi sia nell’occhio del ciclone, con tesi fantasiose o meno che sosterrebbero come alla base della strage ci sarebbe l’utilizzo di gas velenosi da parte delle autorità di Riad. ipotesi complottista quanto si vuole, ma di certo anche alimentata dalle infinite reticenze saudite, quando e soprattutto dall’impossibilità di effettuare autopsie sui corpi, condizione che permetterebbe di escludere, ad esempio, tale incredibile tesi, per un Paese che l’11 Settembre aveva già dovuto aprire un’inchiesta per il crollo di una gru, responsabile della uccisione di più di 100 fedeli.
Non mancano poi nella lista infinita degli scomparsi, anche quelli “eccellenti”, anche in questo caso in prevalenza Iraniani, di cui non si hanno ancora notizie e di cui il governo saudita non ha fatto sapere ancora nulla, con decine di denunce di sparizione fatte anche a mezzo dei social da parte di familiari di pellegrini di cui si sono perse le tracce. L’ Iran anche per questo motivo ha fortemente accusato l’Arabia Saudita, e si rischia seriamente l’incidente diplomatico tra i due Paesi se non verranno chiariti questii legittimi interrogativi, con alcuni media iraniani che mostrano i presunti filmati di pellegrini in fuga che sarebbero catturati da uomini del servizio di sicurezza locale.
E tra gli scomparsi non mancano altolocati ufficiali dei Guardiani della Rivoluzione, funzionari dell’ufficio della stessa guida suprema ayatollah Ali Khamenei, e soprattutto Ghazanfar Mohammad Aslroknabadi, ex ambasciatore iraniano in Libano,che nonostante le autorità saudite dichiarino di non essere mai entrato nel Paese, al contrario per Theran risulta esservi entrato munito di un valido e regolare visto, anche se con un passaporto ordinario e non diplomatico.
Come se non bastasse arrivano anche altre accuse nei confronti delle autorità di Riad, come il fatto di aver chiuso due dei tre sentieri che portano al luogo del lancio delle pietre sulle stelle di Satana (un’usanza che fa parte del pellegrinaggio) facendo accalcare i moltissimi pellegrini in un unica strada e facendoli quindi massacrare fra di loro. Una scelta “inspiegabile”, che potrebbe trovare spiegazione nella presenza dell’erede al trono dell’Arabia Saudita quello stesso giorno nella zona dei pellegrini. Proprio la sua, è proprio il caso di dirlo, ingombrante presenza insieme ai suoi 200 soldati di scorta, 150 poliziotti e 200 auto, potrebbe aver portato le autorità a chiudere i due sentieri riservandoli al Principe.
Altre accuse arrivano dall’Egitto, un paese sulla carta non ostile a Riad. Un medico egiziano, Abdl Hamid Fawzi, residente in Arabia Saudita ed ex consigliere del Ministero della salute egiziano, ha infatti lanciato l’ipotesi di una strage alla cui base risiederebbe l’uso di gas mortali.
A sostegno della sua incredibile tesi, lo stesso, alla ricerca del fratello, dichiara di aver constatato in un’ospedale come tra i feriti decine soffrissero di uno strano fenomeno di amnesia, secondo lui attribuibile ad una lesione al cervello causata dall’inalazione di un gas nocivo. Sospetti i suoi, avvalorati da un collega che nel reparto di medicina legale dell’istituto stesso avrebbe prelevato un campione dal polmone di una vittima per analizzarlo. Teoria, per quanto difficile da credere, sostenuta anche da Hani al Shoukri, oppositore all’estero della casa saudita, il quale avrebbe avanzato non poche perplessità su cadaveri privi di fratture particolari, dichiarando al giornale al Sharq al Awsat di come, a suo avviso, alla base dell’accaduto risiederebbe lo scontr ofra due clan wahabiti – al Sudairi e al-Shammari, situazione che avrebbe costretto Re Salman a emanere, in modo frettoloso ed arbitrario, un elenco con 28 persone da giustiziare.
Ipotesi smentita da Riad, che se confermata aprirebbe nuove ombre, ipotizzando gli inquietanti scenari di una strage voluta e provocata. Indonesia e India invece accusano il Paese sul banco degli imputati di aver ostacolato gli sforzi diplomatici di ottenere informazioni sulle vittime e di non avere notizia dei dispersi. Mancano infatti all’appello ancora 200 Indonesiani circa e altre centinaia di Indiani, e ora come ora non si hanno notizie su di essi.
Ad alimentare i dubbi di una responsabilità delle autorità saudite è anche un episodio successo meno di un mese fa. Infatti, l’11 Settembre, prima che iniziasse il pellegrinaggio, una gru montata male era crollata a seguito di un forte temporale uccidendo un centinaio di persone che stavano pregando nella moschea. Anche in quel caso fu una svista umana. In quell’occasione si occupò di punire i presunti responsabili il Sovrano.
I misteri rimangono, i dubbi anche, e probabilmente non verranno sciolti tanto in fretta. Non resta che aspettare e nel frattempo farsi delle domande, come chiedersi perché delle persone sono dovute morire in questo modo, senza colpa, senza un perché.