Turchia: la foto del bimbo che galleggia in acqua scuote l’Europa, almeno sino alla prossima domenica di calcio
Il problema dei migranti agita ormai da molto tempo tutta Europa e le immagini di uomini, donne e bambini, disperati e terrorizzati, in fuga dai loro Paesi, con la prospettiva di un futuro migliore nel vecchio continente scorrono sulle reti televisive di tutte le nazioni ogni giorno senza che si sia fatto ancora concretamente nulla, nulla di lontanamente propositivo e che veda un’azione congiunta e pianificata in Paesi in cui finchè non ci sarà stabilità, un minimo di benessere e legalità, le partenze continueranno all’infinito.
Un’estate, quella che si sta per concludere, che ha visto un’escalation di immagini, come pure un’escalation nel numero delle persone in fuga e con essa il conseguente e crescente elenco di poveri corpi che il mare ha inghiottito, molti dei quali neppure degni di un ultimo saluto, un riconoscimento postumo o di una semplice esistenza mediatica. Una conta che sarebbe, in pieno 2000, inaccettabile se vedesse anche una solo persona a perire tra le acque e che, invece, recita a Luglio di quest’anno per la sola Italia, la spaventosa cifra di ben 2.000 povere anime decedute mentre cercavano di arrivare nel Belpaese, per una via Crucis di vittime ben maggiore se si allargasse l’analisi all’intero Mediterraneo e, soprattutto, considerando le centinaia, migliaia di persone delle quali non sapremo mai la tragica sorte.
E così, mentre sulla rete ululano i post di chi inveisce contro gli immigrati, certo che si tratti solo e soltanto di giovani in buona salute spinti dal desiderio della bella vita in Europa e inclini ad approfittare del lassimo della giustizia italiana e di un sistema abile nel favorirli a danno della popolazione natia (evidentemente nel mazzo ci saranno anche quelli, ndr), di immigrati assurti a causa di tutti i mali della crisi attuale, come , se fossero loro i colpevoli di quella tentacolare corruzione atavica e di quella viscida presenza mafiosa che in Italia regna da decenni, come se fossero questi a capo di tutte quelle aziende che, attratte da un altro costo del lavoro, dopo anni di aiuti e ammortizzatori statali, hanno fatto armi e bagagli, lasciando in braghe di tela migliaia di lavoratori; in questo clima di schizofrenia collettiva da una spiaggia turca arriva un’immagine , capace di zittire, almeno per qualche ora, ogni becero commento, anzi rendendo, anche quelli più illuminati assolutamente inutili.
L’immagine del corpo senza vita di un bambino siriano su una spiaggia della Turchia, un pugno diretto, inaspettato alla bocca dello stomaco di noi narcotizzati spettatori, che colpevoli non siamo ma complici si, che viene a risvegliare, probabilmente per un solo istante, coscienze che da tempo hanno smesso di essere tali, che fa a pugni con la comune apprensione per i nostri bambini, quando in spiaggia, rischiano una semplice scottatura o una puntura di una microscopica medusa
E l’immagine ha rinfocolato i dibattiti tra le forze politiche, le polemiche, ed ha alimentato le discussioni tra i vari Stati, mentre i migranti continuano a fuggire e l’Europa, o meglio quello che ne resta, si divide davanti a questo dramma che coinvolge migliaia di persone, con una rotta balcanica che si è affiancata a quella più tradizionale che dalle coste della Libia porta in Italia ed in Grecia attraverso il Mediterraneo.
La foto che mostra il corpo del bambino siriano è stata scattata sulla spiaggia di Bodrum, una località della Turchia dalla quale partono i “viaggi della speranza” diretti a Kos, un’isola greca dalla quale poi intraprendere il viaggio attraverso i Balcani fino ai paesi dell’Europa centrale. Era un gruppo composto da 23 migranti quello che ha preso posto su due piccole imbarcazioni nel tentativo di raggiungere Kos, ma 12 di loro, tutti profughi siriani, sono incappati in una tragedia e sono morti non lontano dalla costa dalla quale erano partiti, travolti dalle onde del mare. Lo stesso mare che ha poi riportato i dodici cadaveri a terra, e tra questi quello del bambino che appare nelle foto, riverso in acqua, in una posizione tanto innaturale e drammatica da apparire impossibile, da farlo assomigliare più che ad un essere umano ad un semplice pupazzo dimenticato dalla disattenzione di un un genitore troppo distratto. Da quanto si apprende dalle autorità turche il bambino siriano poi raccolto pietosamente da un soccorritore, la cui incapacità di guardarlo mentre lo trasporta fuori dalle acque dice molto, avrebbe un’età di circa tre anni.
La foto è stata pubblicata sui social network ed ha fatto in brevissimo tempo il giro del Mondo, suscitando indignazione, incredulità, un disagio ed un dolore immediato. Anche in Inghilterra la sequenza delle foto è stata immediatamente resa pubblica ed il quotidiano “The Indipendent”, le ha pubblicate come un monito contro la politica contraria all’accoglienza che è sempre stata attuata dal premier britannico Cameron. Il quotidiano scrive che:
“Quando sulle spiagge giacciono corpi di bambini, è il momento di agire” e spera in un ripensamento del Premier, sollecitando una risposta in tal senso.
Oltre al “The Indipendent”, le immagini sono state mostrate anche dal “Guardian”, mentre in altri casi si è preferito mettere in mostra solo la foto del bambino in braccio all’agente, sicuramente meno cruda. Nei vari passaggi sui social network l’immagine è stata associata anche ad espressioni di commozione per quanto successo e di solidarietà nei confronti sia delle vittime che dei popoli che sono costretti a queste migrazioni verso l’Europa.
Come detto, i profughi erano stipati su due imbarcazioni che sono partite nella notte dalla costa turca, ma poco dopo la partenza sono naufragate. Le autorità turche hanno fatto partire i mezzi di soccorso che sono arrivati sul luogo ed hanno potuto salvare persone, mentre 12 sono decedute. Altri tre migranti risultano tuttora dispersi, mentre le ricerche continuano.
Negli ultimi tempi questa rotta alternativa a quella attraverso il Mediterraneo, con destinazione Italia, è divenuta sempre più utilizzata da quei migranti che, partendo dalla Libia, attraversano la Turchia nel loro tentativo di sbarco in territorio europeo. Un viaggio certamente più breve e che dai “traghettatori di esseri umani” viene definito più sicuro. Un viaggio che viene pagato comunque con 1.000 euro per ogni persona trasportata. Secondo i calcoli fatti dalle autorità turche, in tutto il 2015 sono già stati soccorsi nelle acque del mar Egeo circa mila persone. Per quelli che arrivano a Kos inizia poi un ulteriore viaggio che porta nel centro e nord Europa; un viaggio nel quale si devono attraversare prima la Macedonia e poi la Serbia, per arrivare in Ungheria, tappa obbligata per cercare di salire sui treni che portano in Germania o nei paesi scandinavi.
Un esodo che, al momento, ci vede unicamente spettatori, pronti a commuoverci magari, quando lo stesso, verrà raccontato sui grandi schermi fra qualche anno, chiedendoci come sia potuto accadere.