L’ARSENALE DI PADDOCK – Come era prevedibile, mentre ancora si fa la conta delle vittime e si susseguono i messaggi di cordoglio da parte dei vari leader mondiali, negli Stati Uniti torna a infiammarsi il dibattito sulle armi da fuoco e sulla loro capillare diffusione: infatti, una volta che l’FBI ha escluso che l’attentato compiuto da Stephen Paddock fosse collegato a qualunque tipo di organizzazione terroristica, il focus si è spostato sull’insensato gesto di un uomo che, in una suite presso l’Hotel Mandalay di Las Vegas, era riuscito a portare un vero e proprio arsenale per sparare così indisturbato sulla folla.
Stando a quanto si apprende dai media americani questa mattina, nella stanza di uno degli alberghi più noti della città del Nevada c’erano addirittura 23 pistole; inoltre, lo sceriffo di Mesquite (la cittadina nei pressi di Las Vegas di cui il killer era originario) riferisce che nell’abitazione di Paddock sono state rinvenute altre armi da fuoco e del materiale esplosivo.
LA REAZIONE DELLA CASA BIANCA – Intervistato a proposito del gesto compiuto dal fratello, Eric Paddock si è detto shockato, non riuscendo a spiegare come un 64enne possa aver architettato questa strage: “Deve aver perso la testa” ha affermato alla stampa e poco dopo gli ha fatto eco lo sceriffo Joseph Lombardo, secondo il quale è “sempre più difficile prevenire questo genere di situazioni”.
Intanto, nonostante l’ISIS abbia rivendicato l’attentato, gli uomini dell’FBI continuano a privilegiare la pista del raptus di follia: e, proprio per questo motivo, al centro delle critiche è finita la lobby delle armi, oltre che la facilità con cui Paddock e qualsiasi cittadino americano possa procurarsi armi automatiche, anche via web.
Dalla Casa Bianca, dopo la durissima condanna di ieri (Donald Trump aveva infatti parlato di “un atto di pura malvagità“), è tuttavia arrivato un invito a rinviare le polemiche: “Ci sarà un tempo e un luogo per il dibattito politico, e non è certamente ora” ha affermato Sarah Sanders, la portavoce del Presidente.